
RADICI

Introduzione

Uomo e Natura, un legame ancestrale
«Questo sappiamo.
Che tutte le cose sono legate come il sangue che unisce una famiglia …
Tutto ciò che accade alla Terra, accade ai figli e alle figlie della Terra.
L'uomo non tesse la trama della vita; in essa egli è soltanto un filo.
Qualsiasi cosa fa alla trama, l'uomo la fa a se stesso».



La vita di una volta in Valle d'Aosta

Vita rurale nei villaggi valdostani nei primi del Novecento
"I valdostani erano prettamente allevatori e agricoltori, ogni famiglia possedeva una o due mucche e chi ne aveva tre era considerato fortunato. Era necessario provvedere al nutrimento degli animali attraverso il foraggio che veniva tagliato nel periodo della fienagione. Trenta fascine erano sufficienti per il sostentamento invernale di un animale e venivano accatastate nella stalla. La giornata iniziava alle cinque del mattino con la mungitura delle mucche, continuava poi con il lavoro dei campi che erano coltivati a segale e a patate. La mietitura veniva svolta a mano, con le falci, senza alcun mezzo meccanico e tutta la famiglia partecipava al lavoro, compresi i bambini. La falce veniva battuta a mano frequentemente per rendere più affilata la lama. Il fieno veniva raccolto in grandi teli chiamati "florioi"1, che una volta caricati sulle spalle o sul mulo, venivano riposti nel fienile. Il lavoro agricolo durava tutto il giorno e si concludeva con il calare del sole. L'aiuto reciproco era naturale, non esistevano ruoli specifici, ma tutti si spendevano dove era necessario. Ci si aiutava anche tra famiglie portando a termine il lavoro degli altri e quando serviva venivano scambiati e imprestati gli attrezzi e gli animali, il mulo infatti veniva spesso condiviso. L'unico giorno di riposo era la domenica in cui ci si divertiva con quello che si aveva, era comune giocare a bocce e alla morra, condividendo il poco cibo a disposizione. A Rhêmes-Notre-Dame i piccoli durante l'inverno frequentavano la scuola di paese e gli alunni erano ventiquattro, ai giorni nostri non è più attiva, poiché non vi sono più bambini che vivono in questo paesino. Questa situazione non è un caso isolato, ma purtroppo rappresenta una realtà diffusa in ogni villaggio di montagna, che viene ripopolato in alta stagione dagli abitanti del posto attraverso le seconde case o dai turisti affezionati. I più piccoli non erano esenti ai lavori più duri, aiutavano infatti la famiglia dopo la scuola e spesso andavano al pascolo.
La vita era semplicissima, ma sono rimaste nella testa tante cose, bastava infatti un pezzo di pane di segale e un rifugio caldo per soddisfare la vita dei montanari".


L'abbigliamento


L'abito femminile
L'abito possedeva un corpino aderente sagomato sotto le ascelle sostenuto da due bretelle, reso rigido dalle stecche di fibra vegetali, attaccato alla pesante gonna arricciata nella parte posteriore. Spesso le balze ornavano la gonna e servivano anche per possedere tessuto in esubero, indispensabile per adattare l'abito alle diverse proprietarie. Il tessuto più pregiato, quindi il drap più sottile, era riservato al corpino e a volte le cuciture delle bretelle erano sfruttate come elemento decorativo. Il costume comprendeva poi la camicia, il grembiule, la giacchetta, a volte la pettorina uso camicia, la pettorina, il fazzoletto e la cuffia. Quest'ultima spesso era dono del marito o rappresentava un'eredità nelle famiglie benestanti e poteva possedere ricchissimi ornamenti, come fili metallici dorati, pietre semipreziose, lustrini e perline. Vi erano cuffie anche più semplici, come quelle in stoffa, montate su una base di cartone per rendere rigida la calotta e guarnite con arricciature o merletti.



L'abito femminile festivo
L'abito da festa, al contrario di quello quotidiano, era confezionato sulle misure del futuro propietario. La sua creazione, richiedeva una cura particolare; le popolane, di solito, ne possedevano uno solo, attribuendogli così un valore prezioso. Tutti gli indumenti erano simili, ma differenti, infatti ognuno donava un tocco personale al proprio, arricchendolo con piccoli ornamenti.


Rapporto con la natura e la montagna

Il rapporto che i valdostani avevano con la natura era molto semplice, ma profondo, fatto di complicità e rispetto. Vivevano in un costante dialogo con l'ambiente circostante, riconoscendo i cicli naturali e adattandosi di conseguenza. Ogni stagione portava con sé compiti specifici, dai lavori agricoli, alla raccolta delle erbe montane e i valdostani rispondevano con attenzione e gratitudine alle offerte della terra. Intervistando Louis Oreiller, ho capito che per i valligiani di una volta non c'era nemmeno da domandarsi se il mondo naturale fosse da rispettare o meno. Era una di quelle cose scontate, una regola non scritta, una componente fondamentale del loro essere. Il rispetto per la natura era radicato profondamente nella cultura e nella mentalità di ognuno. Era una convinzione incrollabile, una parte integrante del loro modo di vivere. Non era solo una questione di principio morale, ma una necessità pratica. L'ambiente era considerato sacro, e trattarlo con rispetto era fondamentale per garantire la propria sopravvivenza. Se non si rispettava la terra, questa non avrebbe dato i suoi frutti. Era una lezione che ognuno imparava fin da piccolo: se si coltivava con cura e si proteggeva l'ambiente circostante, il terreno ricambiava con abbondanza.


La montagna è da sempre presente nell'animo dei valdostani. Essi sono nati e cresciuti tra questi giganti silenziosi, consolidando un legame inevitabile, che è entrato nel tessuto della loro identità. Gli aspri rilievi hanno da sempre educato gli abitanti al rispetto, sfidandoli con i loro pendii ripidi e selvaggi. Essi ne conoscono ogni piega, sapendo dove edificare, coltivare e condurre il bestiame al pascolo in sicurezza. Con l' imponenza e la maestosità, hanno da sempre ispirato un senso di sacralità nell'umanità. Da culture antiche a tradizioni moderne, le vette sono considerate luoghi sacri, portatori di un'energia primordiale che risuona nell'animo umano. La sacralità della montagna è profondamente radicata nel suo essere. Essa si erge verso il cielo, toccando le nuvole e avvicinandosi al divino, trasmettendo un senso di trascendenza e di elevazione spirituale. Il rispetto per la montagna non è solo una questione di convenzione sociale o di norme di comportamento, ma è un principio fondamentale che deriva dalla consapevolezza della sua grandezza e della sua potenza.

Woman's wear fall winter

Concept
La mia collezione di moda nasce da un profondo legame con le mie radici e unisce aspetti fondamentali della mia personalità e della mia storia. Questo progetto è un viaggio antropologico che analizza gli usi e costumi della popolazione valdostana dell'inizio del Novecento e si intreccia con il rapporto intrinseco tra uomo e montagna. In un'epoca in cui il passato sembra spesso distante, ho cercato di creare una connessione viva e palpabile tra passato e presente. Per realizzare questa visione, mi sono ispirata agli abiti tradizionali valdostani, che raccontano storie di una cultura ricca e profondamente legata al territorio. Ho voluto rendere omaggio a queste forme storiche, reinterpretandole con dettagli e tessuti tipici del mondo della montagna contemporanea. La scelta delle stoffe è stata fondamentale: materiali resistenti e funzionali, utilizzati nella vita quotidiana nel mondo alpino. Questo connubio tra tradizione e modernità, non solo celebra le mie radici, ma rappresenta un modo per fare emergere quegli aspetti ormai perduti, come la spiritualità e i gesti semplici ma significativi della vita quotidiana di un tempo. La montagna è una parte essenziale di chi sono e rappresenta un legame ancestrale radicato in me da sempre. La connessione profonda che sento con questo ambiente, si riflette in ogni capo della collezione, trasmettendo quel senso di appartenenza e armonia con la natura che per me è fondamentale.
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